Coltivare cannabis in contesti domestici è un hobby molto diffuso. Oggi come oggi, vuoi per il tempo sempre scarso vuoi per la poca abilità tipica dei principianti, tantissime persone scelgono la cannabis autofiorente. Di cosa si tratta? I semi che rientrano nella definizione appena menzionata, acquistabili comodamente online facendo riferimento a e-commerce di successo come Fast Buds, producono piante che non prosperano sulla base dei cicli di luce – il che è un vantaggio enorme dal punto di vista economico – ma secondo l’età. Quando li si coltiva, bisogna farsi trovare pronti a ottenere piante non altissime.
Li si può mettere a dimora all’aperto? La risposta è affermativa. Per amor di precisione, è il caso di sottolineare che sono numerosi i coltivatori che optano per spazi outdoor come il balcone per coltivare la cannabis autofiorente. La già menzionata dimensione contenuta delle piante, si presta bene sia nei casi in cui si ha poco spazio a disposizione – situazione tipica del piccolo balcone cittadino – sia quando, invece, si punta a mantenere il massimo della discrezione.
Dopo questo preludio, possiamo entrare nel vivo dei consigli per coltivare al meglio la cannabis autofiorente all’aperto.
Quando piantare i semi?
Partiamo dalle basi, vedendo innanzitutto quando piantare i semi di cannabis autofiorente. La risposta a questa domanda dipende da vari aspetti, in primis dal clima. Nel nostro Paese, secondo la maggior parte dei breeder il periodo migliore per piantare la cannabis autofiorente all’aperto è quello compreso tra la fine del mese di aprile e l’inizio di maggio. Si tratta di un momento in cui il clima, archiviato il grande freddo dell’inverno, diventa via via più mite.
Così facendo, si può avere il primo raccolto a inizio agosto e, se si procede con attenzione, apprezzarne un secondo annuale intorno a ottobre.
Attenzione agli insetticidi
Quando ci si appresta a iniziare la coltivazione di cannabis autofiorente all’aperto, bisogna fare molta attenzione a non esagerare con gli insetticidi. Sono infatti quasi sempre inutili in quanto, visto il ciclo di vita estremamente celere delle piante, spesso non c’è il tempo materiale, per i parassiti, di concretizzare la loro azione infestante.
Il terriccio giusto
Qual è il terriccio giusto per coltivare la cannabis autofiorente all’aperto? Ricordiamo prima di tutto che il terreno dovrebbe essere il più possibile aerato. In questo modo, si dà la possibilità alle radici di svilupparsi nella maniera giusta. I vantaggi dell’aerazione del terreno dove si coltiva la cannabis autofiorente outdoor non finiscono certo qui! La peculiarità appena citata, infatti, consente di ottimizzare l’efficienza dei processi metabolici della pianta.
A questo punto, però, è naturale chiedersi che soluzioni specifiche chiamare in causa per il substrato. Uno schema considerato congeniale da molti breeder è quello che vede in primo piano il ricorso a 1/3 di torba e a 2/3 di fibra di cocco. Se non si ha modo e tempo di crearlo autonomamente, si può prendere in considerazione senza problemi l’acquisto di miscele reperibili presso tantissimi e-shop e negozi fisici specializzati.
Il vaso perfetto
La cannabis autofiorente, che non ama essere rinvasata, richiede un vaso di capacità compresa tra i 7 e i 15 litri circa.
La gestione dell’irrigazione
La gestione dell’irrigazione è un aspetto nodale quando si parla di coltivazione della cannabis autofiorente in ambiente esterno. La tipologia di piante a cui sono dedicate queste righe, non richiede un grande impegno dal punto di vista dell’apporto idrico. L’acqua necessaria, infatti, è di gran lunga inferiore rispetto a quella che, invece, deve essere chiamata in causa per le piante fotoperiodiche. L’approccio ideale prevede il fatto di innaffiare le piantine di frequente ma con una quantità ridotta d’acqua, così da stimolare in modo corretto l’ossigenazione.
Concludiamo facendo un cenno al concime e rammentando che, in media, le autofiorenti richiedono la metà delle sostanze necessarie alla cannabis fotoperiodica.